Moravia diceva che chi viaggia vive due volte, ed è proprio quello che accade da Sultano, basta farsi accompagnare fra le epoche storiche attraverso le contaminazioni che hanno caratterizzato il destino gastronomico della nostra isola. Da appassionato di storia ho trovato commovente il menu “dominazioni”.
Due su tutto: la triglia maggiore di scoglio e il timballo del Gattopardo.
La triglia rende omaggio ad un gastronomo romano, Apicio, sul quale nulla di certo è stato tramandato se non dei frammenti di scritture sulla cucina e sull’utilizzo di un condimento, il garum che Sultano mette in pista con il succo del pesce stesso e una colatura di alici “ingrassata” da farina di tumminia. Il pesce è adagiato su una salsa di porri selvatici cotta al bbq, un richiamo quasi ancestrale alla cottura da fuoco.
Il timballo è forse la sua più grande invenzione. Il palermitano Giuseppe Tomasi di Lampedusa consegna alla storia una breve ed emozionante descrizione di un piatto aristocratico, il timballo.
Nulla più.
Ciccio gli ha dato una veste, una ricetta, un‘anima essenziale sublimando in una monoporzione tutto il suo scibile gastronomico, geniale!
Una profumatissima pasta brisè racchiude uno scrigno di sapori: melanzane fritte, prosciutto cotto di Capitelli, formaggio ragusano fresco, maccheroni fatti in casa conditi con il sugo delle feste, il tutto amalgamato con della balsamella profumata alla vaniglia bourbon. Il garnish in cima è un succulento petto di piccione che viene irrorato al tavolo da un ristretto di carne.
Ecco che saperi e sapori hanno finalmente percorsi aderenti. Chi oggi vuole conoscere, nell’elegante carnalità, la storia e il gusto della nostra isola, non può prescindere da una visita al Duomo di Ciccio Sultano.
Eccoci entrambi…napoleonici.